FOLLIA

Written by on 3 Maggio

LA FOLLIA DELLA NORMALITÀ

In quest’ultimo periodo in cui sembra che la giusta distanza non sia più corretta o per lo meno la giusta distanza sociale sia cambiata, c’è quasi la percezione che la normalità sia mutata, sfiorando a volte la follia che questa percezione di normalità trasmette.

Ma quando usiamo il termine follia, escludendo l’utilizzo amichevole con cui potremmo etichettare una persona, che tipo di significato porta con sé questo termine?

Il termine follia, ricercandolo sul vocabolario determina in sostanza l’incapacità di una persona o gruppo di persone, di intendere e volere, in quanto la follia viene definita come un livello elevato di stupidità. E la stupidità cos’è? È l’essere tardo nel comprendere, ottuso di mente e poco intelligente. Ma cosa significa essere intelligente o avere intelligenza? Significa avere la facoltà di intendere, pensare ed elaborare giudizi in base a dati o esperienze. Da queste definizioni possiamo dedurre che chi viene definito folle, per una serie di ragionamenti logici, di definizioni e deduzioni, verrebbe considerato privo di facoltà di intendere e di elaborare giudizi in base a dati o esperienze appresi. Oltre che mettere in campo un atteggiamento ottuso che lo fa rimanere rigido nella propria posizione.

Per cui possiamo definire che l’essere folli è strettamente legato alla mancanza di capacità di elaborare un giudizio basato su ragionamenti e su dati raccolti.

Questo modo di definire la follia e la stupidità, per essere insindacabile e inattaccabile quindi dovrebbe basarsi su un indice di riferimento e questo indice di riferimento come viene definito?

Ipotizziamo ora di definire l’indice di riferimento della follia e della stupidità di un gruppo di persone. Da dove partiamo? Partiamo dalla raccolta di dati, perché un indice si basa su dati e questi dati devono essere più oggettivi possibile. Dobbiamo assolutamente evitare l’utilizzo della soggettività, altrimenti il risultato sarebbe facilmente impugnabile e potremmo dire che stiamo “barando a solitario”.

Iniziamo a raccogliere i dati, ma che dati raccogliamo? Come facciamo a definire i dati da raccogliere?

E nel momento in cui abbiamo deciso quali dati raccogliere, possiamo affermare che in qualche modo abbiamo attuato una scelta e quindi abbiamo tralasciato, volontariamente o involontariamente, altri dati?

Sulla base di cosa abbiamo fatto quella selezione? Sull’esperienza, usando il nostro buon senso, avvalendoci di altre persone? Benissimo. Come garantiamo l’oggettività di questa scelta, sempre che sia possibile?

Se non possiamo garantire l’oggettività della raccolta del dato come possiamo garantire l’oggettività del risultato finale?

Ci siamo presi qualche secondo per provare a dare una risposta alle domande lette poco fa?

Ci troviamo per caso davanti ad un paradosso? O riteniamo che la nostra imparzialità ed oggettività del dato raccolto sia assolutamente insindacabile?

Descriviamo le due ipotesi:

1. siamo di fronte ad un paradosso, il mio dato “oggettivo” in realtà è soggettivo, perché già nella raccolta dello stesso sto attuando delle scelte. Per cui definire folle o stupida l’idea di altri… bhe, non è proprio così semplice, scontato ed ovvio.

2. siamo certi al 100% di aver raccolto i dati in modo oggettivo. Questo ci rende onore, significa che abbiamo fatto un lavoro importante di raccolta dei dati. Abbiamo impiegato un sacco di tempo per raccogliere, analizzare, elaborare e definire l’indice, che inseriremo in un grafico e ci permetterà di definire con semplicità dove si collocano le persone che andremo ad analizzare.

Ipotizzando che effettivamente ci sia stata la massima oggettività, da quando abbiamo iniziato a raccogliere i dati, abbiamo verificato se nel mentre sono sopraggiunte delle variabili o delle condizioni che prima non esistevano o semplicemente che non ne eravamo venuti a conoscenza? Abbiamo preso in considerazione l’evoluzione normale a cui siamo soggetti?

Sono proprio impertinenti queste domande oppure ci troviamo semplicemente di fronte ad un paradosso?

Può essere che ciò che definiamo con tanta certezza, nel mentre abbia subito delle variazioni proprio perché le condizioni sono cambiate?

A questo punto forse è più semplice e meno impegnativo acquisire l’idea di terzi, appoggiarla per affinità di pensiero e in qualche modo anche difenderla, piuttosto che raccogliere dati, analizzarli, farsi un’idea personale e quindi definire un indice di follia.

Che ne dici? Sicuramente così facendo possiamo dedicare del tempo ad altro. Sì, ad altro.

Sarà per caso questo il vero indice della follia? La follia basata sulla normalità? Quella normalità che sembra sussurrare nelle menti delle persone che è più facile prendere pensieri già elaborati da altri, inserirli nel proprio quotidiano e sostenerli.

Perchè dobbiamo faticare nella ricerca di qualcosa che in ogni caso nel tempo è soggetta a variazioni? Bisogna essere solo dei folli o degli stupidi a dedicare del tempo al pensiero e al ragionamento, perché come scritto poco fa, le variabili in gioco sono troppe, diventa tutto un paradosso e si rischia che il cervello vada in cortocircuito. Ha senso?

La follia della normalità.

 

 


Tagged as , ,



Comments

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *



Continue reading